- Professeur
Patrice Carré
old songs new songs
[the following text is yet to be translated]
Il titolo di questo progetto espositivo si riferisce sia, letteralmente, a opere diverse, vecchie o nuove, sia a opere ‘vecchie’ che si rinnovano in molti modi, come nel caso, appunto, di una canzone che, interpretata in un modo diverso dall’originale ci appare nuova e perfino diversa. Alcune di queste opere erano state presentate, all’interno di mostre personali o collettive, nello spazio di vai Parma 31 – è il caso di music for clouds di Steve Roden, del 2002, in occasione del suo esordio a e/static, del video monochrome blue (stavolta proiettato su muro, nel 2002 diffuso da un monitor), e di rain, sempre dello stesso autore, dalla sua seconda mostra nel 2004; di Rücken (1977/2007), di Rolf Julius, presente nella parte della sua personale del 2007, “Two spaces (walking)”, allestita in via Parma; infine di Cone of Silence, un ‘opera di Terry Fox presentata per la prima volta nella collettiva “Before and after sound” del 2003. Altre invece erano già state allestite a blank, ma non negli stessi punti, e messe in relazione con altre opere, ed è questo il caso di sons du haut, sons du bas, di Patrice Carrè, dalla sua seconda personale per e/static nel 2012, “Sons en formation”, o di Squares Squared di Michael Graeve, dalla sua prima personale per e/static, “Spatial Choreography”, del 2010 (opera che venne creata da Graeve direttamente nello spazio in cui fu esposta quella prima volta). Un caso a parte, e nello stesso tempo emblematico, è quello di dirt (1988/2015), un’opera di Rolf Julius – presentata all’interno della collettiva “Light Sculpture / Scultura leggera” del 2005, a Vicenza – che consiste di tre elementi, di cui due fissi e uno continuamente mutevole, ad ogni nuovo allestimento. Due piccoli speakers, con il loro cavo audio e la fonte riproduttiva del suono (un lettore cd) costituiscono il materiale ‘fisso’ e immutabile, insieme al file audio, creato da Julius nel 1988, mentre il materiale che cambia ogni volta (il ‘dirt’, letteralmente ‘sporcizia’, o ‘spazzatura’, ma piuttosto nel senso di un caotico insieme di elementi eterogenei, scartati o dispersi, e casualmente accumulatisi) è un mix di terriccio, residui vegetali, polvere, micro-ciottoli e altro, che va raccolto di volta in volta nel luogo stesso di ogni nuovo allestimento o nelle immediate vicinanze, all’aperto (in questa occasione, sul grande terrazzo di blank).
È sempre stimolante sottoporre un’opera d’arte alla prova del ‘dislocamento’, sia fisico, quando viene allestita in uno spazio nuovo – o in altra parte dello stesso spazio – sia ‘concettuale’, quando non entra più in relazione con altre opere dello stesso autore, bensì con opere di autori diversi. È un processo che ha molto a che fare con quello della vera e propria interpretazione, partendo dal presupposto che quasi mai (l’eccezione va fatta per quelle ‘site specific’ permanenti, create per un certo luogo, e indivisibili da esso) un’opera rimane nel luogo dove è stata allestita la prima volta, e ad ogni spostamento corrisponde sempre una rilettura più o meno approfondita, resa necessaria dal fatto di doversi confrontare con un diverso contesto, sia topografico sia concettuale. Ovviamente, la presenza di determinate attitudini, o ‘affinità elettive’, fra opere diverse (e soprattutto di diversi autori) allestite nello stesso spazio è indispensabile, perché certe nuove relazioni possano verificarsi senza tradire la natura di ognuna di esse, e rispettandone la specificità. Questo problema non si poneva al curatore del progetto, in quanto tutte le opere coinvolte, come gli stessi autori, erano già state presentati insieme nel contesto di precedenti progetti espositivi di e/static (la già citata collettiva “Before and after sound”, poi i due episodi di “découpage”, infine “Things he would like”).
L’altro aspetto che caratterizza il progetto è la presenza di ‘canzoni’ nuove a tutti gli effetti, o comunque – quando non inedite – mai comparse prima in progetti espositivi prodotti da e/static. A proporle, con interventi periodici che si susseguiranno fino alla chiusura della mostra, saranno artisti come Alessandro Quaranta, Manuele Cerutti e altri, tutti peraltro già intervenuti, in anni recenti, nel nostro spazio espositivo. Ognuno di essi inserirà nel contesto di “Old songs new songs” (utilizzando gli spazi lasciati appositamente vuoti, sia sui muri sia sul pavimento) un’opera che arricchirà, di volta in volta, il paesaggio espositivo, senza violentarlo, ma sicuramente modificandolo.
artist/s: Steve Roden, Rolf Julius, Michael Graeve, Terry Fox, Alessandro Quaranta, Patrice Carré, Manuele Cerutti
dates: 14 5 15 – 4 7 15
venue: blank, via Reggio 27, Torino
realization curated by: Carlo Fossati for e/static
opening days and times: by appointment
info: +39 011235140